Alla fine dopo quasi 5 lustri di onorato servizio, anche il D.M. 10 Marzo 1998 andrà in pensione: il nuovo D.M. del 3 Settembre 2021 entrerà infatti in vigore il 29 ottobre 2022.
In realtà questa rappresenta l’ultima spallata di una serie composta da altri due decreti che, presi insieme, sostituiscono interamente la vecchia normativa. Le novità in effetti sono parecchie e vanno a colmare le lacune fisiologiche di cui soffriva il D.M. 10 marzo 1998, come per esempio una definizione più precisa e puntuale dei luoghi di lavoro a basso rischio di incendio cioè quelli ubicati in attività non soggette e non dotate di specifica regola tecnica verticale, aventi tutti i seguenti requisiti aggiuntivi:
La cosa nettamente più importante però è il diverso approccio con cui si affronta la tematica antincendio: non è più la norma che impone all’imprenditore a suon di articoli e commi cosa deve fare e come deve farlo, ma anzi dà molta libertà di movimento dal momento che tutto si basa sulla valutazione del rischio di incendio. Il fine quindi è di garantire un ragionevole livello di sicurezza antincendio valutando e definendo, caso per caso, delle specifiche strategie di mitigazione del rischio.
Sarà perciò necessario integrare nella valutazione del rischio d’incendio l’analisi del contesto in cui l’ambiente di lavoro è inserito: se l’attività fa parte di un condominio, si dovranno tenere in considerazione anche gli effetti di un eventuale incendio sulle altre parti dello stesso. Questo giocoforza implica che nel piano di emergenza ed evacuazione dovranno essere presenti anche le procedure operative di rilancio dell’allarme agli altri occupanti dell’edificio oppure, se nell’edificio sono presenti più attività lavorative facenti capo a titolari diversi, i piani dovranno essere coordinati. E qui ne vedremo delle belle! Sarà interessante vedere anche quali indicazioni darà in merito l’ANACI…
Ulteriori aspetti da valutare sono la quantità e la tipologia di occupanti potenzialmente esposti al rischio di incendio, cioè l’affollamento complessivo dell’ambiente di lavoro (compresi appaltatori, clienti, visitatori, ecc.), senza dimenticare però tutti gli altri occupanti dell’edificio. Oltre a ciò bisognerà prevedere un’adeguata assistenza a tutte le persone con esigenze particolari (disabili, anziani, gestanti, ecc.) e si dovrà tenerne conto già in fase di progettazione e realizzazione delle misure di sicurezza antincendio. Lascia un po’ l’amaro in bocca però l’occasione mancata col D.M. 2 Settembre 2021 per definire quali conoscenze ed abilità è necessario che posseggano gli addetti ai disabili in caso di emergenza relativamente alle specifiche disabilità (motorie, sensoriali o cognitive), il che, a pensarci bene, stride molto in quanto da un lato si chiede all’imprenditore di valutare i rischi per le persone con esigenze particolari, di attrezzarsi all’uopo e di definire le conseguenti procedure di esodo, dall’altro però non viene data alcuna indicazione sulle capacità e competenze che deve possedere chi ha l’incarico di attuare le suddette procedure, né tantomeno sulle modalità e sui contenuti dello specifico addestramento.
Riguardo il sistema di esodo, senza entrare troppo nei dettagli tecnici, dovrà essere progettato e realizzato principalmente in funzione dell’affollamento massimo dei vari locali: 0,7 persone / m² (superficie lorda) a meno che il datore di lavoro non definisca un affollamento inferiore, purché poi si impegni a verificarlo e rispettarlo. Le vie di esodo dovranno essere ben segnalate e ben illuminate da un impianto di illuminazione di emergenza, i varchi, in caso di affollamento superiore a 25 persone, dovranno essere muniti di dispositivo di apertura UNI EN 1125 o equivalente ed infine in tutti i piani dell’attività nei quali vi può essere presenza non occasionale di occupanti che non abbiano sufficienti abilità per raggiungere autonomamente un luogo sicuro tramite le vie d’esodo verticali, dovrà essere possibile l’esodo orizzontale verso un luogo sicuro o uno spazio calmo.
Un altro problema, spesso sottovalutato, è rappresentato dall’individuazione dei beni esposti al rischio di incendio; ciò comporta che, in base al valore economico, artistico, architettonico o strategico dei beni da salvaguardare, sarà indispensabile definire delle misure di protezione aggiuntive, come ad esempio compartimentazioni, IRAI, impianti di spegnimento automatici e/o qualsiasi altro mezzo reputato idoneo al raggiungimento dello scopo. A tale proposito, per quanto concerne il controllo dell’incendio, il principale mezzo di estinzione rimane l’estintore portatile che deve avere carica minima da 6Kg o 6lt ed una capacità estinguente non inferiore a 13A 89B; la classe B è richiesta solo in presenza di liquidi infiammabili o solidi liquefacibili (cera, paraffina, plastica, ecc.).
Come in tutte le più recenti RTV, anche qui viene ribadito che nei luoghi di lavoro al chiuso è opportuno l’utilizzo di estintori a base d’acqua in quanto l’impiego di estintori a polvere in luoghi chiusi causa un’improvvisa riduzione della visibilità che potrebbe compromettere l’orientamento degli occupanti durante l’esodo in emergenza o altre operazioni di messa in sicurezza, inoltre la polvere potrebbe causare irritazioni sulla pelle e sulle mucose degli occupanti. Ne consegue che, salvo eccezioni debitamente motivate, come la presenza di sostanze chimiche che reagiscono con l’acqua e/o gli additivi schiumogeni, l’estintore a base d’acqua, di fatto, diventa obbligatorio negli ambienti chiusi.
Infine, a dimostrazione dell’assoluta centralità della valutazione del rischio di incendio, il decreto stabilisce che dovranno essere installati in posizione strategica estintori e/o dispositivi per rischi specifici, come ad esempio fuochi di classe F, di classe D, batterie agli ioni di litio, solventi polari, ecc.
Concludendo colgo l’occasione per togliermi un sassolino dalla scarpa: sono anni che sento sedicenti professionisti sostenere che i mezzi antincendio nei luoghi di lavoro sono obbligatori solo in presenza di lavoratori dipendenti… Del resto è risaputo che gli esseri umani sono estremamente infiammabili e che, di quando in quando, è necessario spegnerli con gli estintori! Non serve di certo un genio per capire che questa interpretazione è pericolosa e priva di ogni logica, eppure gli azzeccagarbugli, che passano più tempo a stanare i buchi normativi che a consigliare per il meglio i loro clienti, continuano a dire a piccoli imprenditori che non hanno l’obbligo dell’estintore se non hanno dipendenti, poco importa se l’attività è anche aperta al pubblico, come un bar o un piccolo negozio. Alla luce di quanto esposto, si può dire, senza timore di smentita, che anche questa interpretazione possa andare finalmente in pensione!